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                     ATTUALITA’ DEI PADRI DELLA CHIESA
 
               Un invito alla lettura
 
 
 
I- Nel fiume della "tradizione viva" della chiesa
 
 
Ha sempre destato interesse nei cristiani sia orientali che occidentali il periodo della Patristica che abbraccia la lunga serie di scrittori ecclesiastici antichi, dei grandi autori dell’antichità cristiana, che vanno, sotto il nome di “Padri della chiesa”. Per l’Occidente, giungono fino a Gregorio Magno (604) o a Isidoro di Siviglia (636) e per l’Oriente fino a S. Giovanni Damasceno (749). In questo periodo la riflessione teologica e la vita ecclesiale si sono sviluppate ed affermate così da costituire la strada maestra sulla quale la chiesa ha camminato per secoli, sia pure nello sviluppo ulteriore della dottrina e nel profondo cambiamento culturale che da allora si è susseguito senza posa.
Questo è avvenuto grazie a quelle figure straordinarie di pastori e di dottori - sia greci che latini -  giustamente chiamati Padri, "perché da essi, - come afferma Giovanni Paolo II° - mediante la predicazione del vangelo, la comunità cristiana è stata generata e nutrita nella fede. Non solo sono Padri ma anche costruttori perché dalla loro opera la chiesa di Dio e' stata edificata nelle sue strutture portanti. Della vita attinta dai suoi padri la chiesa ancora oggi vive e sulle strutture poste dai suoi primi costruttori ancora oggi viene edificata (...). Padri dunque sono stati e Padri restano per sempre. Ogni annuncio e magistero successivo se vuol essere autentico, deve confrontarsi con il loro annuncio ed il loro magistero" (Lettera apostolica "Patres Ecclesiae, per XVI centenario della morte di S. Basilio, 2 gennaio 1980, 1. AAS 72 [1980].
"Essi sono contrassegnati - secondo la celebre indicazione di Vincenzo di Lerins (IV - V secolo) -dalle seguenti note caratteristiche: antichità, ortodossia, santità, approvazione della chiesa (cfr. Commonitorium, 3,17-18). Essi perciò sono testimoni della fede della chiesa - della “fides ecclesiae” – e della sua tradizione "costitutiva" (cfr. Istruzione sullo studio dei Padri della Chiesa, della Congregazione per l’educazione cattolica, 19). “Hanno insegnato alla chiesa ciò che hanno imparato dalla chiesa" (S. Agostino, Opus imp. c. Iulianum, 1,117: PL 45,1125).
 
 
1- Patristica e Patrologia
 
  
Per la loro importanza sono tuttora oggetto di studio e di ricerca soprattutto mediante due discipline:
 
- la Patrologia che studia la vita e gli scritti dei Padri, a livello biografico, storico e letterario e ne  mette in luce non solo i tratti caratteristici della loro personalità ma anche il contesto ecclesiale e socio-culturale nel quale hanno operato;
- e la Patristica che studia il loro pensiero teologico.
 
Il loro apporto dottrinale, per la sua vastità e poliedricità, interessa diverse discipline teologiche: S. Scrittura, dogmatica, morale, spiritualità, liturgia, catechetica ecc. ma anche diritto canonico e  storia (cfr. H. Von Campenhausen, in I Padri Greci, pag. 13, Paideia ed. Brescia).
 
I più antichi e i più numerosi sono i Padri greci. Infatti la patristica latina incomincia quasi cent'anni dopo quella greca, che ha caratterizzato con il suo spirito il cristianesimo fin dalle origini. I Padri latini si sono formati, pur senza perdere la loro peculiarità, alla "scuola" dei greci secondo un movimento da Oriente ad Occidente, allora molto fecondo perché la chiesa era indivisa! Si pensi, ad esempio, all’influenza di Origene su Ambrogio (Cfr. A. Hamman, o.c pag.110).
Dopo lo scisma (1054) i rapporti cambieranno. Da allora non solo si e' perso il bene dell'unita' ma, vivendo e pensando da "separati", ci si é ignorati e contrapposti gli uni gli altri, con il risultato di impoverirsi da ambo le parti, sia culturalmente che spiritualmente. Si e' respirato così, sia in oriente che in occidente, con un solo polmone, con i danni conseguenti.
 
Il clima ecumenico, sviluppatosi particolarmente nel secolo XX, i rapporti e gli scambi tra chiese sempre più frequenti ed gli avvenimenti epocali, occorsi negli ultimi decenni che hanno interessato tutto il pianeta, in particolare l’Europa dove si sono svolti, che sono in certo modo riassunti e simboleggiati dalla caduta del muro di Berlino (1989), hanno risvegliato e favorito una rivisitazione della storia e la presa di coscienza circa le gravi conseguenze prodotte dalla  divisione dei cristiani. Per quanto riguarda la chiesa latina é evidente che la divisione l'ha  impoverita dal punto di vista teologico, spirituale e liturgico (cfr. A. Hamman, Per leggere i Padri della chiesa, pag 111).
 
La Patrologia greca termina con S. Giovanni Damasceno (749), quella latina con Isidoro di Siviglia (636) che costituisce il “trait d’union” tra i Padri ed il medioevo, sul quale ebbe un enorme influenza.
 
 
2- Tratti caratteristici della personalità dei Padri
 
 
I Padri, sia greci che latini, si distinguono anzitutto per un fatto importante: essi hanno tenuto unite tre dimensioni ecclesiali, purtroppo non sempre rispettate in seguito e cioè la dimensione teologica, quella pastorale e quella mistica (cfr. G. Concetti) che mettono in luce la profonda unità della vita cristiana coltivata e fatta crescere da una azione pastorale dai tratti essenziali. Di conseguenza emergono con tutta evidenza alcuni punti-cardine: l'unita' del piano divino per la salvezza dell'uomo: una sola "oikonomia"; la chiesa sacramento di salvezza per tutti gli uomini; il primato della Parola di Dio; l’importanza della riflessione teologica in rapporto alla globalità dell’esistenza cristiana e alla evangelizzazione degli uomini e delle culture, l’ideale della santità della vita attraverso la prova suprema del martirio, ma anche della verginità e dell’esercizio “eroico” della carità.
La personalità dei Padri e' caratterizzata da tre elementi principali, che si sostengono reciprocamente e si fondono in modo armonico così da far di essi contemporaneamente degli esegeti, dei teologi e dei pastori.
 
Esegeti. Al primo posto sta lo studio assiduo e la meditazione della Parola di Dio che ha generato in essi un sistema di pensiero ed un patrimonio spirituale e culturale sempre più ricco a vantaggio della comunità cristiana di tutti i tempi. Infatti l’esegesi patristica “ha tratto” dall'insieme della Scrittura gli orientamenti di base che hanno dato forma alla tradizione dottrinale della chiesa e ha fornito un ricco insegnamento teologico per l’istruzione e il nutrimento dei fedeli (...). Ne sono una testimonianza anzitutto le opere direttamente legate alla comprensione delle Scritture, cioè le omelie e i commentari, ma anche le opere di controversia e di teologia".
E' da sottolineare che "il luogo abituale della lettura biblica e' la chiesa, durante la liturgia. Questa è la ragione per cui l'interpretazione proposta e' sempre di natura teologica, pastorale e teologale, a servizio della comunità e dei singoli credenti." (Pontificia Commissione biblica "L'interpretazione della Bibbia nella chiesa", III parte, 2 "Esegesi patristica").
 
Teologi. Anche "la teologia e' nata dall'attività esegetica dei Padri in "medio ecclesiae" e specialmente nelle assemblee liturgiche, a contatto con le necessità spirituali del popolo di Dio" (Vedi "Istruzione... o.c. 27). "Questa teologia immediata, concreta che a tutti si adatta (...) frutto di una esperienza spirituale (...) costituisce la ricchezza della Patristica " (Adalbert Hamman “Per leggere i Padri della chiesa" ed. Borla, o.c.). In questo modo e proprio per questa via essi furono anche "teologi illuminati (...). E come teologi essi per primi diedero forma sistematica alla predicazione apostolica per cui, come afferma S.Agostino, essi furono per lo sviluppo della chiesa quello che erano stati gli apostoli per la sua nascita" (Paolo VI, Alloc. "I nostri passi" AAS 62 [1970].
"Il pensiero patristico è anzitutto cristocentrico, è esempio di una teologia unificata, viva, maturata a contatto con i problemi del ministero pastorale, e' un ottimo modello di catechesi, fonte per la conoscenza della S. Scrittura e della Tradizione, come pure dell'uomo totale e della vera identità cristiana" (Istruzione sullo studio dei Padri, o.c., 16).
Ma è anche antropologico. Infatti "mettersi alla scuola dei Padri vuol dire imparare a conoscere meglio Cristo e a conoscere meglio l’uomo " (Allocuzione "Sono lieto" di Giovanni Paolo II all'Istituto Patristico Augustinianum, Roma, 8 maggio 1982, A.A.S. 74 1982 pag.798). Il loro pensiero presenta un modello di antropologia cristiana, come armonioso sviluppo di valori naturali e soprannaturali" (vedi Istruzione sullo studio dei Padri...,o.c. A 44).
Come pastori avvertivano "la necessità di adattare il messaggio evangelico alla mentalità contemporanea (...). Ciò fece sì che (...) non parlassero soltanto all’intelletto, ma a tutto l’uomo, interessando il pensare, il volere, il sentire" (Paolo VI, Alloc. I nostri Passi, A.A.S. 62 [1970], pag. 425).
Il loro metodo teologico mette in risalto il primato della Scrittura, la consapevolezza dell’originalità della Rivelazione cristiana, il senso del mistero ed "offre la luce per comprendere meglio, secondo quali criteri la fede, tenendo conto della filosofia e del sapere dei popoli, può incontrarsi con la ragione" (Ad gentes, 22; Istruzione, o.c. 30).
 
Pastori. Anche dai brevi cenni fatti finora risulta chiaramente che la pastoralità è il punto coagulante/convergente del pensiero e dell’azione dei Padri e l’ottica attraverso la quale tutto viene osservato e messo in movimento. Qui sta perciò "un'altra ragione del fascino e dell’interesse delle opere dei Padri: esse sono nettamente pastorali, composte cioè per scopi di apostolato. I loro scritti sono o catechesi o omelie o confutazioni di eresie o risposte a consultazioni o esortazioni spirituali o manuali destinati all’istruzione dei fedeli (Istruz.o.c.45). E' la "carità pastorale" che li spinge a cercare il bene spirituale delle persone loro affidate.
Infatti "lo sguardo retrospettivo sull’età patristica mostra a sufficienza che ci troviamo in presenza di un pensiero di ampio respiro, elaborato nell'azione, da pastori responsabili di chiese. Di qui la priorità assegnata alla predicazione e all’evangelizzazione (...) Questa preminenza dell’azione pastorale caratterizza l'Oriente quanto l’Occidente, ma con diverse consonanze (...). I Padri hanno scritto (...) per istruire, guidare e correggere il loro gregge. Non hanno elaborato la loro teologia nel chiuso dell’università. Al contrario quasi tutti i Padri sono dei vescovi. I loro scritti ad eccezione di quelli polemici, dettati dalle controversie, sono sermoni, lettere, finalizzati a guidare e ad illuminare i loro fedeli. (...), Si tratta di "una sola rivelazione che prima di tutto si volge "agli umili e ai piccoli"
 
 
3 - Inculturazione delle fede ed evangelizzazione delle culture.
 
 
Essi hanno compiuto "il delicato processo di innesto del cristianesimo nel mondo della cultura antica spinti dalla "necessità di definire i contenuti del mistero cristiano nei confronti della cultura pagana e delle eresie", illustrando razionalmente la fede con l'aiuto delle categorie di pensiero meglio elaborate nelle filosofie del loro tempo, specialmente nella raffinata filosofia ellenistica" (Istruzione...25, o.c.).
Sono diventati così "un esempio di incontro fecondo tra fede e cultura, tra fede e ragione" (Istruzione... o.c.32), creando una "nuova cultura e civiltà ispirata al vangelo" (ibid. 43). I Padri hanno collegato " La categoria della fede e la categoria dell'agire nel mondo, riuscendo a far si che la fede si trasformasse in cultura, coll’adoperarsi prima a radicare il messaggio evangelico nella cultura ellenistico-romana e poi in quella "barbara" e d'altra parte a trasfondere autentici valori culturali assunti dagli ambiti circostanti nel cristianesimo".
Facilitati in questo per il fatto che molti di essi avevano ricevuto un'ottima formazione nelle discipline dell’antica cultura greca e romana (cfr. Istruz, 43).
 
 
 
II - Padri e rinnovamento ecclesiale
 
 
Vi è una costante da sottolineare: l’attenzione ai Padri e lo studio delle loro opere è stato particolarmente fecondo nei periodi nei quali si è sentito più forte e urgente il bisogno di rinnovamento. Questo è stato vero soprattutto per l' Occidente: il rinnovamento nel pensiero e nella prassi ecclesiale, è sempre avvenuto "sotto il segno dei Padri" (cfr. In Memoria di De Lubac, pag. 269, citato in Rassegna di Teologia, 4/ 1994). Ciò del resto risponde ad una regola di carattere generale: il rinnovamento nella chiesa esige sempre il ritorno alle sorgenti e lo studio delle fonti. I "Padri sono più vicini di noi alle origini. Non si tratta di una semplice vicinanza cronologica ma di una prossimità psicologica e culturale. Molti Padri, soprattutto greci, vicini all’ambiente culturale della Bibbia, parlano il greco del Nuovo Testamento“ (vedi A. Hamman in "Per leggere i Padri della chiesa. Ed. Borla, 1992). Paolo VI° conferma :"Il ritorno ai Padri della chiesa fa parte di quella risalita alle origini cristiane, senza la quale non sarebbe possibile attuare il rinnovamento biblico, la riforma liturgica e la nuova ricerca teologica auspicata dal Concilio Vaticano II" (Alloc. "I nostri passi... o.c.).
 “Leggere i Padri è come continuare a leggere la Scrittura. La Tradizione della chiesa di cui i Padri costituiscono lo strato più profondo, non è che la Bibbia letta nella chiesa e dalla chiesa. Essi sono i maestri insuperabili della lettura “spirituale” della Scrittura” ( Raniero Cantalamessa, in “La lettera di Dio agli uomini” a cura di Emilio Gandolfo, pag.6)
 
1 - Ritorno alle sorgenti. Dunque, per rinnovarsi, è necessario, il ritorno alla vita e alla storia della comunità cristiana primitiva, abbeverarsi alle fonti originarie, alle opere dei Padri e degli scrittori ecclesiastici antichi.
Lo studio delle loro testimonianze è sorgente di discernimento per la chiesa di ogni tempo, perché le origini conservano sempre il loro fascino ed il loro carisma. Bisogna riconoscere infatti che l’impostazione dell'incontro tra cristianesimo e società dei primi tre secoli cristiani ha dato frutti decisivi - tali da non essere mai più dimenticati – sul piano del linguaggio, del ricupero delle diverse culture e della storia, dell’individuazione di una comune "anima cristiana nel mondo e nella formazione di nuove proposte di convivenza umana“” (cfr.V.Grossi e P.Siniscalco, “La vita cristiana nei primi secoli”, Roma 1988, pag.71).
Dunque l'obiettivo ultimo dello studio dei Padri non deve essere di carattere puramente erudito, filologico o archeologico, ma deve servire alla chiesa di oggi, alla vita e alla sua testimonianza e soprattutto alla sua catechesi e pastorale nella società contemporanea. (...) In questo senso la rivalutazione ed il nuovo approfondimento della Patristica costituiscono uno degli strumenti migliori per il rinnovamento stesso della chiesa ". (Mario Spinelli, in "L'Osservatore Romano, 16 - 17 marzo 1981).
 
E' un fatto incontestabile 1’influsso che lo studio dei Padri ha avuto sul movimento liturgico, biblico, catechistico, ecumenico, nell'elaborazione della. dottrina sociale della chiesa, come è espressamente riconosciuto dalla "Sollicitudo rei socialis" (S.R.S. 31; cfr. Orientamenti per lo studio e l’insegnamento della dottrina sociale della chiesa nella formazione sacerdotale, n.17 della Congregazione per l’Educazione cattolica, 1988) e nella teologia morale ecc. Lo stesso Concilio Vaticano II ne è una testimonianza straordinaria. E' sufficiente scorrere i riferimenti e le citazioni delle loro opere nei documenti conciliari - nei quali vi sono ben 325 citazioni patristiche, delle quali 162 (!) si trovano nel solo documento sulla Chiesa, la "Lumen gentium" - per renderci conto della loro "attualità e dell’ influsso continuo che va ben al di là del criterio quantitativo. In particolare l'ecclesiologia del Vaticano II è stata possibile grazie al ritorno alla "chiesa dei Padri" così come per altri aspetti dell'insegnamento conciliare.
 
 
2 - Il loro influsso lungo i secoli.
 
 
Per questi motivi l’attenzione verso i Padri si è mantenuta e fatta ogni giorno più viva, nella chiesa e nel mondo della cultura, anche in riferimento al loro rapporto con la cultura classica precristiana, come dimostrano le ricorrenti iniziative in atto anche oggi. Si pensi ad esempio alla mostra aperta a Firenze su "I Padri e l’umanesimo" in occasione al Giubileo del 2000.
L'influsso dei Padri in Occidente, in particolare di S. Agostino, ha oltrepassato le soglie della teologia. Basta fare alcuni nomi, nei campi più disparati della cultura e delle epoche più diverse, per rendercene conto: dal Petrarca - che lasciò il testo delle Confessioni al carissimo amico P. Luigi Marsili dicendogli "questo libro ha gioito e sofferto con me" e che scrisse il “ Secretum": un dialogo immaginario tra il poeta, Agostino e la verità -  a Dante per le evidenti assonanze con il Pastore di Erma presenti nel suo "Vita nova" (cfr. in Eliot "Scritti su Dante").
Per il periodo del Rinascimento non possiamo dimenticare Erasmo da Rotterdam, grande ammiratore di S. Girolamo e per alcuni aspetti anche lo stesso Lutero e la Riforma protestante.
Più vicini a noi possiamo citare Wittgentein (vedi"La teologia dopo Wittgentein") che apre le sue "Ricerche filosofiche" "con un brano di S. Agostino.
Il secolo XIX vede la nascita della neopatristica. Basta citare tre nomi: Molher (1796 - 1838) che avvia nella Germania cattolica il ritorno ai Padri in vista del dialogo ecumenico; Rosmini in Italia, Newman (1801 - 1890) in Inghilterra.
 
Nel XX secolo si distinguono, tra gli altri, De Lubac, Von Balthasar, Congar, Danielou, H.I. Marrou, autori di studi poderosi sui padri greci. Soprattutto "L'inserimento della dimensione storica nel lavoro scientifico dei teologi, avvenuto agli inizi del nostro secolo, ha richiamato l'attenzione, (...), anche sui Padri della chiesa. Ciò si è dimostrato straordinariamente proficuo e fecondo, non solo perché ha reso possibile una migliore conoscenza delle origini cristiane, della genesi e dell'evoluzione storica di varie questioni e dottrine, [cfr. il "metodo genetico" prescritto per l'insegnamento della dogmatica:"Optatam totius"16], ma anche perché lo studio dei Padri ha trovato alcuni cultori veramente eruditi e intelligenti, i quali hanno saputo mettere in evidenza il nesso vitale che esiste tra la tradizione ed i problemi più urgenti del momento presente" (Istruzione sullo studio dei Padri della chiesa nella formazione sacerdotale, l a; o.c.), che è appunto ciò che particolarmente ci interessa.
 
 
3 - Analogie dell’oggi con l'epoca patristica
 
 
Lo studio sui Padri non è erudizione fine a se stessa, ma é studio "creativo" finalizzato a meglio conoscere comparativamente i problemi del loro e del nostro tempo e ad affrontarli con la stessa originalità e con lo stesso coraggio ( cfr. Istruzione, o.c.60).
Il progredire degli studi e "... l’attuale clima culturale fa emergere le molte analogie che legano il tempo presente con l'epoca patristica, nonostante le evidenti differenze. Come allora anche oggi un mondo tramonta mentre un altro sta nascendo" (Istruzione sullo studio dei Padri della chiesa nella formazione sacerdotale, n.3, della Congregazione dell’educazione cattolica, Roma 1989)
Le distanze storiche e culturali non cancellano la loro attualità, ma la rendono più sorprendente. Non solo il pensiero ma anche i testi stessi mantengono spesso una freschezza ed una attualità straordinarie. Ad un docente che leggeva in classe un brano dell’"A Diogneto" (sec. II) e che chiedeva agli studenti: "secondo voi quando è stato scritto questo testo? "La risposta pressoché unanime fu che si trattava di un testo recentissimo.
 
 
 
III - La carità e la giustizia nei Padri della chiesa.
 
 
1 - La carità
 
 
Se quanto detto vale per la vita cristiana e per vita ecclesiale in generale, vale anche per il suo elemento qualificante che è la carità. Non potrebbe essere diversamente. I Padri nella generalità erano pastori che parlavano al popolo per istruirlo sulle verità di fede ed educarlo alla vita cristiana in tutti i suoi aspetti. E' evidente che ciò non poteva escludere il tema della carità e il tema dell'amore ai poveri che il Signore ha indicato come "elementi" essenziali del suo messaggio evangelico.
Bastano alcuni punti di riferimento: la vita della comunità primitiva descritta dagli Atti degli apostoli al cap. 2 che ne presenta i tratti essenziali : I discepoli era assidui nell’ascolto della Parola di Dio, degli insegnamenti degli apostoli, nella frazione del pane e nella carità fraterna” fino alla condivisione dei beni (cfr. Atti 2,42 - 45). Infatti tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti secondo il bisogno di ciascuno “La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede
Nella celebrazione eucaristica portavano ai piedi degli apostoli ciò che ciascuno destinava a vantaggio dei poveri, in modo che nessuno tra loro fosse nel bisogno”
“La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede avevano un cuor solo ed un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era tra loro in comune. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano e portavano l’importo di ciò che avevano venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno” (Atti, 4, 32.34-35).
S. Giacomo nella sua lettera così esorta al rispetto dovuto ai poveri: “Non mescolate a favoritismi personali la vostra fede. (…) Supponiamo che entri in una vostra assemblea qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito splendidamente ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite:” Tu siediti qui comodamente” e al povero dite:”Tu mettiti in piedi lì” oppure “ siediti qui ai piedi del mio sgabello” non fate voi stessi delle preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi? (….)se fate distinzione di persone, commettete un peccato e siete accusati come trasgressori ( Giac. 2,1-4)”Una religione senza macchia davanti a Dio è questa:” soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo” ( ib. 1,27). 
 
 
 
2 - La giustizia e l’amore ai poveri
 
 
"L’incisività del discorso dei Padri manifesta tutta la sua forza ed attualità anche in ambito sociale; basti pensare alle ferme ed energiche prese di posizione di autori come Basilio di Ceserea, Ambrogio, Crisostomo che instancabilmente hanno posto l’accento sulla destinazione universale dei beni creati da Dio, unico proprietario a pieno titolo, perché tutti potessero disporne in modo equo e conforme alla propria dignità di persone. Si spiegano così la foga e talvolta l’irruenza con cui questi Padri hanno duramente stigmatizzato le scandalose sperequazioni sociali della loro epoca che presentava accanto a situazioni di estrema indigenza e privazione dei mezzi necessari per la vita, l'accaparramento di ingenti ricchezze da parte di pochi privilegiati, insensibili alla povertà degli altri.  Pensiamo ad un suggestivo testo di Ambrogio, citato da Hamman nella sua raccolta antologica:" Non dai al povero del tuo, ma gli restituisci del suo: perché quello che era stato dato a tutti perché l'usassero insieme, tu lo hai usurpato per te solo. La terra é di tutti non solo dei ricchi" (“La storia di Naboth”, 53; a cura di M. G. Mara, L'Aquila - Roma 1985, II ed. pag.146; Vedi anche in Hamman " Per leggere i Padri della chiesa" ed. Borla pag. 6).
E a quanto scrive S. Basilio: "Vendi quello che hai e dallo ai poveri...perché anche se non hai ucciso o commesso adulterio o rubato o detto falsa testimonianza, non ti serve a nulla se non fai anche il resto: solo in tale modo potrai entrare nel regno di Dio" (Omelia sui ricchi: PG 31, 280b - 281a). Chi infatti secondo il comandamento di Dio vuole amare il prossimo come se stesso "non deve possedere niente di più di quello che possiede il suo prossimo" (ibid. PG 31, 28lb; citato in “Patres Ecclesiae”, o.c. 8)
 
I Padri, "Pur offrendo agli osservatori un ricco panorama delle più svariate problematiche culturali e sociali loro contemporanee, tuttavia essi le inquadrano sempre in coordinate nettamente soprannaturali. A loro interessa l’integrità della fede, fondamento della giustificazione, perché fiorisca la carità, vincolo della perfezione, e perché la carità crei l’uomo nuovo e la storia nuova. Tutto nella loro azione pastorale e nel loro insegnamento è ricondotto alla carità e la carità a Cristo, via universale di salvezza”. (cfr. Agostino, “De Civitate Dei” 10, 32, 1-3: PL 41, 312 (vedi in Istruzione sullo studio dei Padri della chiesa nella formazione sacerdotale, 46).
Il Concilio nella costituzione “Gaudium et spes” afferma: ” A tutti gli uomini spetta il diritto di avere una parte dei beni sufficienti a sé e alla propria famiglia. Questo ritenevano i Padri e i Dottori della chiesa quando hanno insegnato che gli uomini hanno l’obbligo di aiutare i poveri non solo con il superfluo. Il concilio richiama urgentemente tutti, perché memori della sentenza dei Padri“ Nutri colui che è moribondo per fame, perché se non l’avrai nutrito, lo avrai ucciso” ( cfr. Graziano, Decretum, c.21, dist. LXXXVI ), si impegnino secondo le proprie risorse in aiuto ai bisognosi, individui e poppoli ( G et S. 69).
 
 Il "mihi fecisti"-“ l’avete fatto a me” - di Cristo giudice alla fine del mondo rivolto agli eletti che lo hanno onorato nei poveri (Matteo 25,40).
In questa realtà “mistica” si entra attraverso una iniziazione che si attua e si nutre dei misteri liturgici.
S. Leone Magno digiunò dall’eucarestia quando seppe che alcuni morirono di fame, perché non si dava pace, e se ne  sentiva responsabile.
 
 
3 - La testimonianza comunitaria
 
 
"I Padri della chiesa sono noti non soltanto come intrepidi difensori dei poveri e degli oppressi, ma anche come promotori di istituzioni assistenziali (nosocomi, orfanatrofi, ospizi per pellegrini e forestieri) e di concezioni socio - culturali che hanno inaugurato l'era del nuovo umanesimo radicato in Cristo"(Orientamenti per lo studio e l’insegnamento della dottrina sociale della chiesa nella formazione sacerdotale, o.c. n. 17). L’atteggiamento dei primi cristiani di fronte ai problemi sociali costituisce, dal secolo scorso ad oggi, un ambito di ricerche assai fortunato. Ne sono una prova le numerose pubblicazioni in materia.
 
Ottenuta la libertà, dopo 1’editto di Costantino (313) la chiesa cominciò ad organizzare case di accoglienza per i poveri, per i pellegrini, per i malati, per gli orfani, per i vecchi. Sorsero così gli ospizi - Xenodochìa - annessi alla casa del Vescovo per accogliere tutti coloro che avevano bisogno di assistenza. In Oriente, per opera di un grande Vescovo, S. Basilio, abbiamo la prima realizzazione di una istituzione che non è soltanto ospizio ma un vero ospedale. Infatti si prese cura  non solo dei pellegrini, ma degli infermi e dei lebbrosi. Così egli presenta quest’opera in una lettera al governatore della Provincia: "A chi di noi abbia fatto il benché minimo torto con la costruzione di questi luoghi di rifugio per raccogliere sia i forestieri sia coloro che hanno bisogno di un particolare trattamento per la loro salute? Per questi ultimi in particolare abbiamo fornito con questi agglomerati dei mezzi necessari per assicurare i soccorsi; abbiamo assunto infermieri, medici, portaferiti e guide... E' stato indispensabile aggiungere alcune industrie necessarie per la vita e per le arti destinate a confortarla. Questo stabilimento è l’ornamento della città e la gloria del governatore... (Epistola 94; PG 34, 487).
Dunque S. Basilio "oltre che con l’insegnamento rese testimonianza con opere immense di carità, come la costruzione alle porte di Cesarea, di un gigantesco ospizio per i bisognosi (cfr. Epistola 94: 4888 bc): una vera città della misericordia che da lui prese il nome di Basiliade, anch’essa momento autentico dell’unico annuncio evangelico" (Patres ecclesiae, 8). L'Oriente in questo campo ha preceduto l’Occidente.
A Roma prima della fine del IV secolo sorsero i primi ospizi. (cfr. V. Monachino “La Carità' cristiana in Roma, pag. 83 -87, Bologna 1967; Roma cristiana vol. X). Anche in Occidente - vedi nella chiesa Ambrosiana - il tutto stava sotto l’alta sorveglianza e la responsabilità del Vescovo, dal quale i diaconi ricevevano gli indirizzi secondo i quali si dovevano regolare e al quale dovevano riferire ciò che essi facevano e qualunque nuovo caso si fosse loro presentato (Cfr. "Le attività sociali della Chiesa", cap. VIII in V. Monachino" S. Ambrogio e la cura pastorale a Milano nel IV secolo, Milano 1973).
 
S. Ignazio vescovo di Antiochia scrive a Policarpo, vescovo di Smirne: "Fà sentire la tua presenza in ogni settore tanto in quello che riguarda il bene dei corpi, come in quello dello spirito. (...) Essendo composto di anima e di corpo disponi di esperienze nel settore materiale e spirituale" (dalla "Lettera a Policarpo" di S.Ignazio di Antiochia, Cap.I; Funk 1,247). Doveva esistere, con tutta probabilità, un catalogo o matricola dei poveri della chiesa, dalla quale risultava non soltanto il loro nome, ma anche la loro condizione e di conseguenza, ciò che ciascuno doveva ricevere" (ibid. pag. 275).
"In tal modo hanno dato la prima risposta consapevole e riflessa alla S. Scrittura, formulandola non tanto come una teoria astratta, quanto come prassi pastorale quotidiana (...). Sono stati così gli autori della prima grande catechesi cristiana". (Istruzione sullo studio dei Padri della chiesa...20, 0.c.).
 
 
4 - Finalità principali
 
 
a - Inculturazione della fede e della carità.
 
"La stretta unione tra fede e azione nella vita quotidiana é un dato che emerge continuamente nella riflessione dei Padri e che contribuisce a rendere efficace e stimolante il loro insegnamento" (A. Hamman in “Per leggere i Padri della chiesa” – o.c. premessa di Sergio Zincone). "A loro interessa (….) che la carità crei l’uomo nuovo e la storia nuova” (Istruz.o.c.46).
E’ nota la difficoltà a far entrare questo discorso impegnativo sia a livello di insegnamento che nelle scelte concrete della chiesa, oppure quando è dichiarata in via di principio spesso viene di fatto disattesa con molti distinguo.
 
b - Testimonianza della vita
 
La testimonianza é l’obiettivo finale. Infatti "per i Padri il più bel commentario della Bibbia è l’esistenza del credente" (P. Thomas Spidlik, in Breviario Patristico, Ed. Gribaudi, pag.15). “Noi spieghiamo le Scritture non perché - dice il Crisostomo - le impariate soltanto, ma perché correggiate anche i vostri costumi; se non si verifica questa situazione, invano leggiamo e invano interpretiamo" (cfr. “Sull’oscurità delle profezie” II,7; PG 56,186). Questo genera “ un'alta spiritualità, una vitalità esplosiva, un fervere missionario ed un clima di amore, specialmente con la pratica delle opere di misericordia: elemosina, cura degli infermi, delle vedove, degli orfani, stima della donna e di ogni persona umana, educazione dei figli, rispetto della vita nascente, fedeltà coniugale, rispetto e generosità nel trattamento con gli schiavi, libertà e responsabilità di fronte ai poteri pubblici, difesa e sostegno dei poveri e degli oppressi.." (Istruzione e.c.44).
Il primo e più grande insegnamento dei santi è pur sempre la loro vita.
 
 
IV - Due prospettive
 
 
In conclusione due prospettive vanno sottolineate:
 
 
a) Il cammino ecumenico: che trova nel tema e nella realtà della diaconia un tema unificante per i cristiani appartenenti alle diverse confessioni. I Padri sono testimoni di una chiesa indivisa e sono sorgente di comuni tesori di spiritualità e di dottrina: "Non ci può essere il ritorno dei nostri fratelli ortodossi se non attraverso l'approfondimento di questo patrimonio comune, se non attraverso l’allargamento del nostro orizzonte occidentale fino a comprendere l'Oriente" (A. Hamman , o.c. pag. 111). "E' la verità stessa del vangelo ad essere oscurata dalla discordia dei cristiani ed é il Cristo stesso ad esserne lacerato" (ibid. 9).
Sul tema della diaconia è stato tenuto un Seminario di studio interconfessionale presso l’Università di Heidelberg in Germania, promosso dal Dipartimento della diaconia, presieduto dal Dr. Strohm, di cui sono stati pubblicati gli Atti che riportano gli interventi dei rappresentanti delle varie confessioni cristiane, compreso quello del sottoscritto che vi ha partecipato a nome della CEI e della Caritas Italiana ( vedi Theodor Strohm  - “Diakonie in Europa”, pag.140 – 160. Heidelberg, 1997). Una eco e, nello stesso tempo, un frutto dell’invito di Giovanni XXIII a guardare “ alla  chiesa di tutti e specialmente alla chiesa dei poveri" ( Discorso dell’11 settembre 1962, ad un mese dall'apertura del Concilio Vaticano II ).
 
 
b) E l’Europa dei popoli composta da "popoli diversamente parlanti, ma di cultura profondamente omogenea" che trova nella cultura biblica e nel linguaggio simbolico due elementi unificanti (cfr. Sole 24 ore 16/3/97, pag.24). Nel momento in cui l’Europa deve riscoprire le sue radici più profonde che non possono non essere cristiane e sente l’urgenza di una nuova evangelizzazione, (...) la lettura dei Padri risulta di fondamentale importanza per " non lasciar dissolvere il Cristianesimo in un puro e vago senso di trascendenza" (card. C. M. Martini)" [ A. Hamman, Per leggere i Padri della chiesa, o.c.pag-7). In questo momento cruciale della storia i popoli del continente non possono dimenticare, secondo l’espressione del noto medievista Jacque Le Goffe che  “L’Europa è antica e futura ad un tempo” (  in “L’Europa medievale e il mondo moderno”)
 
La presente riflessione  vuol essere un  invito al lettore perché consideri l’importanza e l’attualità dei Padri della chiesa - dai quali non ci si può scostare senza grave danno -  mediante un mosaico di citazioni e di riferimenti che, legati tra loro, fanno intravvedere un panorama storico, culturale e spirituale di prima grandezza. L’invito è rivolto soprattutto a coloro che stanno compiendo un curriculum di studi, come sono gli alunni dei seminari e degli Istituti superiori di scienze religiose, ((cfr. L’Istruzione su “Lo studio dei padri della chiesa nella formazione sacerdotale” della Congregazione per l’educazione cattolico) perché si dedichino alla conoscenza e allo studio di questi grandi autori i quali, secondo una felice espressione di S.Gregorio Magno “stanno a guardia della chiesa” ( Homelia 25;PL76,1192), in ogni tempo.
Jacques Paul Migne, prete cattolico, autore del celeberrimo” Patrologiae cursus completus” che raccoglie tutti i testi cristiani sino agli inizi del XIII sec. per quelli latini, e fino  alla metà del XV sec. per i greci, con lo scopo dichiarato dall’autore : “Al mondo avido di progresso, noi diamo la Tradizione del passato per camminare avanti”.

Nota: Di grande utilità per il suo pregio straordinario di carattere storico-culturale, e spirituale, suggeriamo la lettura del testo di Papa Benedetto XVI: "Catechesi sui Padri della Chiesa - da Clemente Romano a Gregorio Magno" Ed. Libreria Editrice Vaticana e Città Nuova
 

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